domenica, aprile 10, 2005

Il rumore del sole che aiuta a vivere e a scrivere

Marcella Marcelli
Con Il rumore del sole (Il vicolo editore, euro 14.00, pp, 117), Saverio Tutino ci regala un nuovo capitolo della “saga” dedicata a se stesso. Un contributo prezioso, alla cui lettura c’introduce l’autore stesso, giornalista e scrittore, delineandone i tratti salienti: “Due amici e due miti spenti nella confusione della guerra fredda. Un amore mancato e uno riscaldato. Uno scudo infranto. Cinque racconti dall’infanzia alla vecchiaia”. In realtà, nelle pagine de Il rumore del sole c’è molto più di questo. Tutino ha inventato uno stile, “una modalità di raccontare la vita”, originale ed efficace, come ben sintetizza Lidia Ravera, che firma la presentazione: “Un uomo che vive viaggiando nella politica e per la politica, si muove fra Cuba e l’Uruguay, Parigi e Bruxelles, eppure non smette mai di viaggiare anche dentro se stesso”. E fa tutto questo, si può aggiungere, intrecciando coraggiosamente, senza enfasi, l’io e il mondo, la storia e le vicende più intime e dolorose. L’autore ripercorre gli ultimi venticinque anni della sua vita passando dalla rivoluzione cubana all’infarto, dal terrorismo brigatista al cancro, senza che variazioni di tono o di ritmo sottolineino il passaggio da una dimensione all’altra ma mantenendo sempre lo sguardo di chi cerca le radici degli avvenimenti nei quali è immerso. “Evocare un tempo lontano vuol dire anche riappropriarsi di sé”, si legge a pagina 82, e sta forse anche in questa affermazione il senso di una autobiografia scritta e riscritta continuamente, disseminata in una dozzina di libri e in innumerevoli articoli: un diario lungo come la vita. Il diario, l’autobiografia, come strumenti prediletti del “vedere sé attraverso gli altri”, pur riconoscendone il carattere di “scrittura essenzialmente inaffidabile”. L’abitudine e l’amore del viaggiare nel mondo degli altri, perché solo questo può fornire il respiro che manca quando si bada a sé, ha portato Tutino a dare vita a Pieve Santo Stefano al primo Archivio dell’Autobiografia popolare sorto in Europa. Cinquemila diari e memorie della cosiddetta “gente comune”, raccolti in vent’anni, dal 1984 al 2004, “per la memoria degli italiani”. Ma Il rumore del sole è soprattutto una lunga, sofferta riflessione sulla scrittura misura del mondo e medicina dell’anima (per Tutino, scrivere è diventato ancora di più un rovello dal 1989 in avanti, anno che ha cambiato il mondo e le certezze in cui aveva vissuto fino a quel momento: scrivere è servito pure a interrogarsi su quei cambiamenti senza ritrarsi in difesa). Le parole di Montaigne soccorrono l’autore nel cogliere il potere taumaturgico del raccontarsi: “Dipingendomi per gli altri mi sono dipinto a colori più netti che non fossero i primitivi. Non sono tanto io che ho fatto il mio libro quanto il mio libro che ha fatto me” (pagina 86). E, ancora, ricorrendo stavolta a Rousseau: “Capisco che il lettore non abbia troppa voglia di sapere tante cose, ma ho bisogno io di dirgliele”. Ma l’intenzione costante di non fare di se stesso “il personaggio principale della propria vita” emerge soprattutto dai ricordi di Saverio Tutino inviato speciale in America Latina, nella Francia di De Gaulle, nell’Urss di Stalin e nella Cina di Mao. Nei suoi viaggi l’incontro con destini spesso straordinari gli consente di usare il mito come punto d’appoggio per costruire una moderna cultura della resistenza contro i meccanismi del dominio del mondo ricco su quello povero. Tutino ha quarant’anni quando, nel 1962, l’Unità lo invia a Cuba. Viene dalla Resistenza in Piemonte e Valle D’Aosta (nel 1944 e 1945 era stato commissario politico della 76ª Brigata Garibaldi). A L’Avana ascolta Ernesto Guevara parlare ai giovani, dicendo loro che dovevano restare vigili, soprattutto di fronte all’ingiustizia, “capaci di disobbedire e di opporsi”, di “saper discutere e chiedere chiarimenti su tutto ciò che non è chiaro”. Mentre racconta Cuba, la memoria corre a un compagno di scuola, Lorenzo Milani. Lui e Tutino hanno frequentato lo stesso liceo a Milano, negli anni “in cui Mussolini imponeva il fascismo, un modo di vivere senza pensare”. Tutino, invece, che nel dopoguerra era diventato “giornalista militante”, ha pensato sempre che si potesse essere militanti “senza assecondare il modello di una cultura di partito”. Non così i dirigenti del Pci di allora, se è vero, come ricorda il protagonista di quelle vicende, che “Pajetta ripeteva che sembravo più militante del partito cubano che del partito italiano”. E, alla fine, Tutino pagherà con l’esonero la propria libertà intellettuale che continua a esercitare tuttoggi.Ultima annotazione. Nei racconti che hanno date più recenti e forma più esplicita di diario, ricorre ripetutamente il nome di Gloria: la compagna e la moglie a cui questo libro è dedicato. Insieme, ascoltano “il rumore del sole”.
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